Ars Bellica

Battaglie In Sintesi

La Campagna Etolica

426 a.C.

Lo stratega ateniese

Demostene (metà V secolo a.C. - Siracusa, 413 a.C.)

Risulta una prima notizia, al suo riguardo, nel 426 a.C., collegata ad un tentativo di invasione ateniese dell'Etolia. Demostene, infatti, aveva accolto la richiesta di aiuto degli abitanti di Naupatto, città fondata dagli esuli messeni sul golfo di Corinto, e si era lasciato convincere da loro a condurre una spedizione in Etolia, al fine di conquistare uomini e mezzi per tentare successivamente l'assalto della Beozia. I cittadini di Naupatto presentarono gli Etoli come scarsi di numero, inesperti e disorganizzati, perciò facili da conquistare. Le cose andarono però molto diversamente: gli Etoli, consapevoli della loro inferiorità numerica, ma forti della conoscenza del territorio, aspro e accidentato, decisero di non affrontare gli Ateniesi in campo aperto e si ritirarono verso l'interno, attirando Demostene in trappola. Demostene, illuso da facili vittorie, dopo aver senza disturbo occupato i villaggi etolici lasciati sguarniti, venne assalito all'improvviso da una serie di attacchi di guerriglia da parte degli Etoli che, posizionatisi in cima ai monti, nei dintorni di Egitio, bersagliarono agevolmente l'esercito invasore, causando gravissime perdite al nemico. Demostene, visto il completo fallimento del piano si ritirò velocemente con quanto gli rimaneva e decise di rimanere, per il momento, distante da Atene, temendo per la propria vita. Successivamente si mosse in aiuto dell'Acarnania e sconfisse Ambracia, colonia corinzia e base militare dei Peloponnesiaci: in perlustrazione sul Mar Ionio con 20 navi, sbarcò a Olpe e combatté contro l'esercito di Sparta comandato da Euriloco ed alleato di Ambracia. Demostene sconfisse Euriloco, che venne ucciso in battaglia, ed i Peloponnesiaci, obbligando Ambracia ad un trattato di pace. Vedi Battaglia di Olpe. Nel 425 venne mandato con una flotta, dalla repubblica di Atene, a sedare una rivolta in Sicilia. A causa di una tempesta attraccò a Pilo nel Peloponneso e per mantenere i suoi soldati occupati, fece loro fortificare il porto, che divenne per Atene un'importante base vicina a Sparta.

Sparta, nel frattempo, aveva stanziato un esercito nella vicina isola di Sfacteria e Demostene condusse i suoi uomini sulla spiaggia per impedire agli Spartani, guidati da Brasida, di sbarcare in quel punto. Lo sbarco spartano fu respinto e la flotta ateniese, che era di ritorno dalla Sicilia, arrivò in tempo per allontanare le navi spartane. Gli spartani cercarono senza successo di negoziare la pace. Cleone fu inviato in aiuto a Demostene, che si stava preparando all'invasione di Sfacteria. I due ateniesi condussero l'invasione e gli Spartani, inaspettatamente, si arresero (Battaglia di Pilo e Battaglia di Sfacteria). Nel 424 Demostene e Ippocrate cercarono di conquistare Megara, ma furono sconfitti da Brasida. Demostene si diresse allora a Naupatto, per dar manforte a una rivoluzione democratica e per raccogliere truppe per l'invasione della Beozia. Demostene e Ippocrate, però, non riuscirono a coordinare i loro attacchi e Ippocrate venne sconfitto nella battaglia di Delio. Demostene attaccò Sicione, ma fu ugualmente sconfitto. Demostene fu nel 421 uno dei firmatari della pace di Nicia, che pose fine alla prima parte della guerra del Peloponneso (un altro Demostene fu firmatario per Sparta). Nel 417 Demostene fu responsabile dell'evacuazione delle truppe ateniesi da Epidauro in seguito alla battaglia di Mantinea: organizzò gare di atletica e fece scappare le truppe ateniesi mentre i cittadini di Epidauro erano distratti dai giochi.

Nel 415 Atene attaccò Siracusa (spedizione ateniese in Sicilia). Una flotta spartana accorse presto a sostenere gli alleati di Siracusa e ne conseguì una situazione di stallo. Nel 414 Demostene ed Eurimedonte furono inviati con una nuova flotta di 73 navi e 5.000 opliti. Demostene riuscì a far sbarcare le sue truppe, ma venne sconfitto: vedendo l'accampamento ateniese devastato, consigliò di levare subito l'assedio e di ritornare ad Atene, dove sarebbero stati necessari per contrastare l'invasione spartana dell'Attica. Nicia, il generale ateniese, dapprima si oppose, finché arrivarono ancora altri soldati spartani. Tuttavia, mentre si preparavano a salpare si verificò un'eclissi lunare, che ritardò la partenza in quanto era considerata un cattivo auspicio. I Siracusani e gli Spartani li intrappolarono nella baia ed Eurimedonte fu ucciso. Gli Spartani costrinsero gli Ateniesi a far sbarcare nuovamente gli uomini. Demostene pensava che avrebbero ancora potuto scappare per mare, ma Nicia decise di trovare rifugio sulla terraferma. Dopo pochi giorni di marcia Nicia e Demostene persero i contatti; i Siracusani tesero un agguato a Demostene e lo costrinsero ad arrendersi. Anche Nicia venne catturato dopo poco tempo ed entrambi vennero uccisi, contro gli ordini del generale spartano Gilippo, che sperava di portare Demostene a Sparta come prigioniero. Demostene fu anche uno dei personaggi dei Cavalieri di Aristofane. Insieme a Nicia, è uno schiavo che rovescia "il Paflagone", un personaggio che rappresenta Cleone. I personaggi erano basati su persone vere, contemporanee di Aristofane.

La genesi

Nella medesima estate (426 a.C.) e quasi al tempo stesso, in cui gli Ateniesi si trattenevano a Melo, gli altri Ateniesi delle trenta navi che stavano in crociata intorno al Peloponneso primieramente sorpresero con agguati presso Ellomeno della Leucadia, ed uccisero alcune guarnigioni; e di poi con armata più numerosa andarono contro Leucade, unitamente a tutti gli Atamani che, eccettuati gli Eniadi, li seguivano a pieno popolo, con gli Zacintii e i Cefalleni, più quindici navi di Corfuotti. Sopraffatti, i Leucadii dà tanta moltitudine non si movevano, benché vedessero darsi il guasto alta campagna sì fuori che dentro l'istmo, ove è Leucade stessa ed il tempio di Apollo. Gli Acarnani pregavano Demostene generale degli Ateniesi a diserrarli con un muro, sperando che facilmente li espugnerebbero, e si disbrigherebbero di una città sempre loro nemica. Ma nel medesimo tempo i Messenii persuadono Demostene, che avendo riunito sì numeroso esercito, sarebbe per lui onorevole impresa assalire gli Etoli perché nemici di Naupatto: vincendo i quali ridurrebbe agevolmente in potere degli Ateniesi anche il rimanente di quel tratto dell'Epiro: essere sì bene gli Etoli, popolo grande e guerresco, ma abitando a borgate mollo tra loro distanti e senza mura, ed usando solo di armatura leggera, non sarebbe difficile soggiogarli prima che potessero riunirsi a comune soccorso: invadesse (lo confortavano) prima gli Apodoti, quindi gli Ofionesi, dopo loro gli Euritani (che sono la parte più grande degli Etoli, e, come è fama, hanno linguaggio ignotissimo, e si cibano di carni crude; perché soggiogati costoro facilmente anche gli altri calerebbero agli accordi. Condiscese Demostene alle voglie dei Messenii, sia perchè erano essi bene di lui, e soprattutto perché avvisava che senza nuove genti di Atene, ma solo con gli alleati dell'Epiro e con gli Etoli, traversando le terre dei Locri Ozolii fino a Gitinio della Boria che ha sulla destra il Parnaso, sarebbe venuto a capo di entrare in Beozia, che confina coi Focesi; per poi scendere tra i Focesi stessi; i quali pensava che a cagione della perpetua amicizia in che erano stati sempre con gli Ateniesi unirebbero con lui di buona voglia le loro armi, e si sarebbero potuti costringere per forza. Per lo che fatto vela dà Leucade con tutta l'armata, a malgrado degli Acarnani scorreva la costa fino a Sollio. Ivi comunicò il suo disegno con gli Acarnani che per non avere egli cinto di mura Leucade, non lo approvarono; ond'ei, col resto dell'esercito, composto di Cefalleni, Messenii e Zacinti, e con trecento Ateniesi che militavano sulle sue navi (essendo già partite le quindici dei Corfuotti) portò le armi contro gli Etoli, mosso il campo da Enone della Lòcride. I Locri Ozolii di questi luoghi erano alleati, e dovevano con tutte le loro forze riunirsi con gli Ateniesi nei luoghi mediterranei. Imperocché essendo confinanti degli Etoli ed usando la medesima armatura, pareva che col concorrere all'impresa sarebbero di gran vantaggio, attesa la pratica che avevano del guerreggiare di quelli e del paese. Egli adunque coll'esercito pernottò nel recinto sacro a Giove nemèo (ove si dice che dalla gente del paese fu morto il poeta Esiodo, secondo l'oracolo che gli avea predetto arebbe sofferto ciò in Nemea), e sul far dell'aurora mosse il campo per alla volta di Etolia. Nel primo dì prende Potidania, nel secondo Crocilio, nel terzo Ticino, ove fece alto, e mandò il bottino ed Eupolio della Locride; avendo egli intenzione di conquistar prima gli altri luoghi, e ricondursi a Naupatto, per quindi Combattere gli Ofionesi qualora ei non volessero arrendersi. Queste mene però non erano ignote agli Etoli neànche quando ei dapprima le macchinava; e non sì tosto si presentò con l'esercito, che accorsero'tutti contro lui con numerose soldatesche; e fino i Bomiesi e i Calliesi, che sono gli ultimi tra gli Ofionesi e si stendono fino al golfo Meliaco, non istettero a vedere.

La campagna

Ma i Messeni davano a Demostene lo stesso consiglio di prima: ripetevano la presa degli Etoli sarebbe facile: lo confortavano assalisse subitamente le borgate: non aspettasse che tutti riuniti assieme potessero fargli fronte; e cercasse di prender quella che a mano a mano gli si parasse innanzi. Egli vi acconsentì, e fidato alla fortuna che non gli era nulla contraria, senza aspettare i Locri che doveano venire in rinforzo, perocchè il suo principal bisogno era di saettatori armati alla leggera, mancia sopra Egitio, e al primo assalto lo espugna; essendochè gli abitanti si sottraevano colla fuga, e si eran fermati sulle colline che soprastano la città, situata essa pure in luoghi alti, e distante dal mare intorno di ottanta stadii. Ma gli Etoli accorsi già alla difesa di Egitio, si avventano sugli Ateniesi e su' loro alleati, precipitando chi di qua chi di là dalle alture, e scagliando dardi sopra loro; e se gli Ateniesi si avanzavano, essi davano indietro; se cedevano, li caricavano. Duro' un pezzo questa zuffa di incalzare e ritirarsi, e nell'uno e nell'altro modo pativano gli Ateniesi. Nondimeno finché i loro arcieri ebbero saette e lena da servirsene, ereao essi che reggevano la battaglia; poiché gli Etoli armati leggermente venivano rintuzzati dalle frecce: ma quando gli arcieri, morto il comandante, si sbandarono, allora, spossati gli Ateniesi e da gran tempo oppressi da quel medesimo travaglio, e dall'altra parte saettati ed incalzati dagli Etoli, voltate finalmente le spalle fuggivano; ed incappando in dei borri senza riuscita, ed in luoghi dei quali non eran pratici (essendo morto Cromone messenio che insegnava loro le strade), erano sperperati. All'opposto gli Etoli essendo spediti al corso ed armati alla leggera li dardeggiavano; e giugnendoli dappresso in quella che davano le spalle, molti ne uccidevano: mentre i più che smarrite le strade si erano ingolfati in un bosco senza uscita, appiccatovi il fuoco rimasero tutti arsi. Così fuvvi nel campo ateniese ogni maniera di fuga e di morte: quei che la scamparono penarono molto a ricovrarsi al mare, e ad Enorie della Locride, donde eran partiti.

Le conseguenze

Mancarono in questo fatto motti alleati, e circa centoventi Ateniesi di gravearmatura; perdita grandissima perchè erarto tutti sul fiore dell'età e di valore non ordinario; e morì anche Prode uno de' due generali. Gli altri riavuti dagli Etoli i cadaveri con salvocondotto, tornarono a Naupatto, e poi si ricondussero colla flotta ad Atene. Ma Demostene che per queste cose temeva degli Ateniesi, restò nelle vicinanze di Naupatto e di quei luoghi.



Tratto da:
"Della storia di Tucidide volgarizzata libri otto", F.P. Boni - Francesco Predari, Tipografia Galileiana, Firenze 1835.